Resilienza

Evelyn Sharpe esplora i modi in cui possiamo costruire la resilienza nelle nostre vite spirituali, lavorative e personali

Punti chiave:

  • La capacità di riprendersi da contrattempi e traumi e la capacità di persistere di fronte allo stress e all’opposizione sono gli elementi chiave della resilienza.
  • Dobbiamo lavorare per mantenere la nostra capacità di resilienza – mentale, fisica, relazionale e spirituale.
  • Per concludere, la resilienza non è il nostro obiettivo, ma crescere spiritualmente nella nostra relazione con Dio.

“Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi. Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all’estremo; perplessi, ma non disperati.” (1)

Il mio lavoro di ricerca preferito sulla resilienza (2) ha considerato il numero di denti conservati dagli adulti come un indicatore di resilienza in una comunità interna della città, socialmente svantaggiata. Una buona salute dentale era un’indicazione dei genitori che avevano prestato attenzione alla salute e alla dieta dei bambini, queste associate alla stabilità familiare, all’occupazione, ad una casa adeguata e all’appartenenza a un gruppo religioso. Questo studio racchiude molti dei fattori che influenzano la resilienza.

Cos’è la resilienza?

La resilienza era originariamente un termine dell’ingegneria che indicava la capacità di un oggetto di tornare nella sua forma iniziale. In seguito, se ne appropriarono gli psicologi per riferirsi alla capacità umana di riprendersi dalle difficoltà.

Ha due elementi principali: il recupero, che è la capacità di tornare alla normalità in seguito allo stress, e sostenibilità, che è la capacità di andare avanti sotto stress. Piuttosto che il metodo medico più tradizionale di provare a stimare il rischio, la valutazione della resilienza esamina ciò che consente alle persone di far fronte ad una malattia oppure ad altri eventi e situazioni significative che cambiano loro la vita.

Come medico neolaureato, in guardia medica trovavo affascinante vedere come i pazienti e le loro famiglie reagivano in modi diversi a condizioni e diagnosi apparentemente simili. È stato uno dei motivi per cui poi ho scelto la psichiatria.

Quando si pensa alla resilienza da una prospettiva cristiana, è importante ricordare le parole di Paolo alla chiesa dei Corinzi. Quando sappiamo che le prove e le difficoltà sono parte della vita del credente e che Dio le usa per il nostro bene e per la sua gloria, non ci aspetteremo di non essere affetti da stress o di affrontarlo sempre indifferenti. Tuttavia, comprendere ciò che la scienza moderna ci mostra della resilienza umana può anche aiutarci a vivere una vita degna della chiamata di Dio.

I bambini sono naturalmente resilienti?

Il mio interesse per la resilienza è venuto dallo studio di bambini provenienti da circostanze molto difficili e traumatiche e dal constatare che c’erano alcuni che hanno resistito sorprendentemente bene. Questa “magia ordinaria”, come la descrive Ann Masten (3), non è automatica ma dipende in larga misura da buoni legami relazionali nella prima infanzia con almeno un adulto premuroso. Il bambino può quindi sviluppare la capacità di regolare le proprie emozioni e apprendere utili strategie di resistenza. Il funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi e altri processi cerebrali coinvolti nelle reazioni allo stress è influenzato dalle prime esperienze di vita. Anche se c’è sempre la possibilità di cambiamenti in questi processi a causa della meravigliosa plasticità del cervello, essi esercitano un’influenza significativa su come una persona reagisce agli stress della vita.

A volte i meccanismi che i bambini trovano per consentire loro di andare avanti quando la vita è difficile si rivelano meno utili in età più avanzata. Un esempio estremo è quando la dissociazione (la disconnessione mentale dalla realtà presente) è un rifugio dal dolore emotivo e fisico dell’abuso, ma in età adulta impedisce una sana elaborazione del disagio. L’abuso infantile di qualsiasi tipo, compreso il bullismo, influisce sulla capacità di recupero e alcuni modi per cercare di alleviare il disagio emotivo come l’autolesionismo e l’abuso di sostanze (pensate ai bambini di strada, molti dei quali usano colla o altre sostanze) portano a loro stessi pericoli e causano a lungo termini danni alla resilienza.

Usando il nostro cervello

La resilienza non richiede un’intelligenza straordinaria, ma semplicemente “un cervello umano in buone condizioni di funzionamento e una certa conoscenza di ciò che sta accadendo e che cosa fare”.(4) A lungo termine, l’abilità cognitiva può essere influenzata da  un danno cerebrale o malattia, a breve termine il processo cognitivo può essere compromesso dalla mancanza di sonno, alcool e altri farmaci, malattie ecc, in modo che la capacità di gestire le situazioni stressanti è ridotta. La resilienza è un concetto dinamico, non un potere sovrumano, e ci sono molte circostanze che rendono difficile “pensare lucidamente”; è importante essere consapevoli delle nostre vulnerabilità e non aspettarci di funzionare in modo efficace trascurando il nostro stato mentale.

Il normale sviluppo cognitivo consente la padronanza delle abilità, che è una motivazione importante nella vita fin dall’infanzia. Se la padronanza è negata o ostacolata dalla negligenza o dalle avversità, allora il senso dell’agire è limitato e un senso di impotenza può prevalere quando arrivano i problemi. Ciò è stato dimostrato negli studi su bambini cresciuti negli orfanotrofi dove hanno ricevuto cure fisiche ma nessun nutrimento o stimolazione emotiva; molti rimanevano apatici e avevano grandi difficoltà ad imparare ad agire in maniera indipendente anche quando le cure miglioravano. Gli studi di Michael Marmot su Whitehall hanno mostrato un aumento del rischio cardiovascolare, non come previsto tra quelli con i migliori posti di lavoro, ma tra i più bassi livelli dei dipendenti pubblici. Una delle teorie per spiegare questo, che è rafforzata da altri studi (anche se non da tutti), era la discrepanza che tali lavoratori sperimentavano tra la responsabilità di essere produttivi e una percepita mancanza di libero arbitrio, la sensazione di essere in grado di influenzare le cose o di provocare dei cambiamenti. Helen Keller, che era nata cieca e sorda, ma con l’aiuto di una governante ingegnosa e devota divenne un’ oratrice e scrittrice di fama mondiale, disse: “Una vita felice non consiste nell’assenza, ma nella padronanza delle avversità”. (5)

Lavorare per mantenere in forma l’abilità cognitiva è utile per mantenere la resilienza. Continuare a imparare, a sviluppare nuovi interessi e darsi del tempo per riflettere e pregare, possono aiutare. Imparare cose nuove potrebbe diventare più difficile man mano con l’avanzare degli anni, ma la capacità di vedere dei modelli e di identificare rapidamente le soluzioni grazie all’esperienza, può emergere come un’abilità da raggiungere e sfruttare. La motivazione del raggiungere la padronanza di noi stessi può svanire, ma consentire agli altri di padroneggiare le abilità necessarie per farli progredire la può compensare.

L’importanza del proposito

Essere resilienti significa essere motivati, avere uno scopo. Alim et al (6) hanno concluso nel loro studio di una popolazione ad alto rischio che “Il proposito della vita è un fattore chiave associato alla resilienza”. Viktor Frankl, uno psichiatra, sopravvissuto ad un campo di concentramento, ha chiamato il libro delle sue esperienze “Alla ricerca di un significato per la vita” perché “La vita ha un significato potenziale in qualsiasi condizione, anche nelle più miserabili”. (7) Quei prigionieri che persero il loro senso di proposito si indebolirono e morirono molto rapidamente, mentre quelli che mantenevano la speranza tendevano a sopravvivere più a lungo. Un recente editoriale del BMJ (8) parlava della speranza come strumento terapeutico; i pazienti cercano la speranza e la comprensione della loro malattia e dei risultati probabili ogni volta che vedono il loro medico.

La nostra speranza è nel Signore e questo dovrebbe aiutare a sostenerci nei momenti difficili. Anche quando potremmo non essere in grado di condividere pienamente ciò in cui crediamo, possiamo dare un senso di vera speranza ai nostri colleghi e pazienti quando esprimono le loro paure e preoccupazioni.

Come insiste lo scrittore di Ecclesiaste, la vita senza Dio è definitivamente priva di significato; nella fedele ubbidienza a Lui troviamo il nostro capo e il nostro scopo principale. (9)

Anche le relazioni sono importanti – con gli altri e con Dio

La speranza non emerge dal vuoto. È incorporata nella relazione. L’importanza della relazione per la resilienza è stata osservata in tutte le principali recensioni. Non solo nei primi anni di sviluppo, ma durante tutta la vita le relazioni di supporto sono vitali. Poiché coloro che hanno una fede religiosa tendono ad avere un maggiore sostegno sociale, alcuni hanno visto in ciò la spiegazione dell’emergere della religione come una potente influenza positiva sulla resilienza. Tuttavia, molto spesso la religione è associata al confronto attivo dei problemi piuttosto che alla negazione e nell’evitarli. C’è anche il senso del significato dato alla vita e persino alle avversità, che derivano dal credere in Dio. Come ha scritto Glynn Harrison in un recente articolo della Triple Helix (10) “Uno spirito di gratitudine riconosce la sovranità di Dio e afferma la dipendenza delle sue creature. Mette la grazia proprio al centro del nostro percorso spirituale”. Inoltre, “gli psicologi stanno cominciando a scoprire come coltivare la gratitudine avvantaggia la salute mentale e il benessere”. (11) Diversi studi hanno dimostrato i benefici di essere grati, incluso l’aumento della resistenza allo stress.

Quindi, la resilienza è l’obiettivo principale?

La Bibbia ci parla di molte persone che hanno affrontato notevoli difficoltà e perdite. L’enfasi non è sul modo in cui le hanno affrontate, (anche se potremmo ben pensare a loro come resilienti), ma come le hanno affrontate avendo fiducia in Dio e hanno visto la fedeltà di Dio a loro.

Riconoscendo la sovranità di Dio e il suo proposito di trasformarci per la lode della sua gloria (12) come individui, ma anche come una comunità del suo popolo, i cristiani non vedranno la resilienza stessa come l’obiettivo finale ma come crescita spirituale “sforzandoci di essergli graditi”. (13)

“A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire irreprensibili e con gioia davanti alla sua gloria, al Dio unico, nostro Salvatore per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, siano gloria, maestà, forza e potere prima di tutti i tempi, ora e per tutti i secoli. Amen.” (14)

Evelyn Sharpe è una psichiatra in pensione

Riferimenti:

  1. 2 Corinzi 4:7-8
  2. Sanders AE, Lim S, Sohn W. Resilience to urban poverty: Theoretical and empirical considerations for population health. American Journal of Public Health 2008; 98:1101-1106
  3. Masten AS. Ordinary magic: Resilience processes in development. American Psychologist 2001; 56: 227-238
  4. Idem
  5. Citazione di Helen Keller. bit.ly/2DP0QLk
  6. Alim TN et al. Trauma, resilience and recovery in a high-risk African-American population. American Journal of Psychiatry 2008;165:1566-1575
  7. Frankl V. Man’s Search for Meaning. Boston: Beacon Press, 2006 (pubblicazione in Italiano: Alla ricerca di un significato per la vita. Ugo Mursia Editore)
  8. Bresson RA. Editorial: Hope is a therapeutic tool. BMJ 2017; 359:j5469
  9. Ecclesiaste 12:13
  10. Harrison G. Why Gratitude is Good for You. Triple Helix 2017; Summer: 6-7
  11. Idem
  12. Efesini 1:3-14
  13. 2 Corinzi 5:9
  14. Giuda 1:24-25

Link originale: https://www.cmf.org.uk/resources/publications/content/?context=article&id=26924

Traduzione a cura di Joao Vitor Nardi