Una chiamata al rischio

John Greenall esplora la chiamata di Cristo a correre rischi reali al servizio del suo regno

Sono le prime ore del mattino e sono in un ospedale da campo per il colera a guardare la situazione intorno a me. Ci sono persone dappertutto: sui letti, sulle panche, sul pavimento, persino sdraiati nelle carriole. Gli occhi infossati del paziente mi guardano mentre controllo possibili gocciolamenti dall’accesso venoso e le attrezzature collegate al paziente, la puzza di cloro persistente nel mio naso. Il numero di persone è impressionante: ci sono circa 700 pazienti in un campo con una capacità di 200 persone.

Camminando tra loro nelle tende costruite in fretta c’è una squadra di infermieri, dottori e studenti di medicina che si occupano dei pazienti, puliscono il vomito e la diarrea, preparano le infusioni ad alcuni e somministrano la reidratazione orale ad altri. Uno studente sta pregando per un uomo anziano particolarmente malato. Mentre mi giro, viene portato un bambino di 7 anni: sembra di averne circa quattro, malnutrito, respira a malapena. Posizioniamo una cannula e preghiamo che possa sopravvivere.

Ho scritto ciò di sopra poco più di dieci anni fa durante la crisi del colera nello Zimbabwe. Sono stati segnalati 98.585 casi e oltre 4.000 decessi. Il servizio sanitario è stato travolto. Eppure, nel mezzo di tutto, stava succedendo qualcosa di bello. I cristiani si prendevano cura degli altri nelle circostanze più difficili. Mi sono ritrovato a chiedermi “che cosa spinge le persone ad essere le mani e i piedi di Gesù, anche se potrebbe costar loro tanto?”

Quindi, consideriamo la nostra attuale situazione con il COVID-19. Cosa potrebbe significare per gli operatori sanitari nei prossimi giorni e settimane? Forse rischiare la propria salute mentale e fisica; essere isolati dalle nostre famiglie; essere messi in situazioni intollerabili e vedere persone morire in modo orribile. Mentre non siamo chiamati a esaurirci o ad essere poco saggi, possiamo essere chiamati a rischiare la nostra incolumità e mettere i bisogni degli altri davanti ai nostri.

La mia parabola preferita si trova in Matteo 13:44, dove Gesù dice: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e, per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo.”

Immagina di camminare in un campo e di imbatterti in un tesoro che vale molto più di qualsiasi cosa tu possa mai guadagnare in questa vita. Più che una casa, una famiglia, un buon lavoro, persino la gioia di aiutare le persone. E vai a casa, e vendi tutto per comprare quel campo. La gente ti chiede: “Che cosa stai facendo? Che cosa sciocca da fare!” Ma te ne vai con gioia perché hai trovato qualcosa per cui vale la pena perdere tutto.

Billy Graham conosceva il tesoro che aveva trovato e diede la vita per questo. Prima di morire, disse: “Un giorno leggerai o sentirai che Billy Graham è morto. Non crederci. Sarò più vivo di adesso. Semplicemente avrò cambiato il mio indirizzo. Sarò andato alla presenza di Dio.”

Come molti che lo hanno preceduto, ha avuto fiducia nel figlio di Dio che tutto provvede ed ogni cosa soddisfa, Gesù. Sapeva di essere al sicuro; sapeva che Dio è sul trono ed è sovrano su vita e morte, salute e malattia. La realtà è che siamo al sicuro. Sia nella vita che nella morte, siamo eternamente al sicuro in Lui (Giovanni 10:28-30).

Tutte le crisi portano sia minacce che opportunità. Non le puoi sbrogliare. Mentre le minacce ci circondano, così anche le opportunità per le persone di conoscere la cura da parte dei cristiani. Non solo dai cristiani, magari anche dai non cristiani che portano comunque l’immagine di Dio e servono al nostro fianco, forse non riconoscendo la fonte della loro empatia per i compagni.

Quindi, siamo le mani e i piedi di Cristo e mostriamolo al mondo. “Ma niente fa brillare il valore di Cristo in modo più luminoso dell’amore sacrificale per le altre persone nel nome di Gesù.”. [1]

“Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici.” (Giovanni 15: 13)

Molti grandi uomini e donne ci hanno preceduto. Molti di loro medici e infermieri. Molti dei 245 milioni di cristiani che hanno sofferto alti livelli di persecuzione l’anno scorso di cui non avremo mai sentito parlare. Ma li incontreremo in cielo. Invece di chiedersi: “Perché dovrei correre rischi per Gesù”, molti di loro hanno detto: “Come posso NON rischiare me stesso per Gesù?”

Ritorno al campo del colera. Mi avvicinai a uno degli studenti di medicina dell’ultimo anno che si era aggiunto ad aiutare e gli chiesi perché fosse lì. Lui rispose: “Dio non è un Dio che si tira indietro e osserva… Gesù è in questo campo del colera, tra il vomito e la diarrea, pieno di compassione per queste persone. Mi sono chiesto dove sarebbe Gesù a Natale e sapevo che sarebbe stato qui, quindi volevo essere anch’io qui.”

“Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.” (Romani 8: 38-39)

John Greenall è direttore generale associato di CMF e pediatra.

Riferimenti:

[1] J. Piper. Rischiare è giusto. Meglio perdere la tua vita piuttosto che sprecarla. Coram Deo 2016. (versione italiana)

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Traduzione a cura di Joao Vitor Nardi