Tra solitudine, malattia e morte… storie di colleghi in corsia contro il COVID

Dopo tanti mesi di Covid i nostri amici di @Svoltaonline ci hanno fatto alcune domande sulle nostre esperienze spirituali e professionali durante la pandemia. Qui potete trovare le nostre testimonianze complete. A due dottoresse, un infermiere ed un tecnico necroscopista han rivolto due sole domande:
– Cosa hanno visto i tuoi occhi durante questi mesi di Pandemia?
– Come ti ha aiutato il Signore nello svolgimento della tua professione?

 

Dott.ssa Virna Brucato, Medico Geriatra- Reparto Covid. Ospedale di Sarzana

  • Cosa hanno visto i tuoi occhi durante questi mesi di Pandemia?

Tante volte in questi mesi ho pensato di mettere per iscritto quello che ho vissuto, ma un po’ per mancanza di tempo un po’ perché mi ci sento ancora dentro fino al collo non l’ho mai fatto. Sono lieta di sfruttare questa occasione per mettere nero su bianco i miei pensieri! I miei “occhi materiali” in questi mesi hanno visto tanto dolore sia dei pazienti sia dei parenti. Hanno visto tanta solitudine. Hanno visto tanta paura del contagio come dell’instabilità sociale ed economica. Ringrazio Dio di avere anche degli “occhi spirituali”, perché sono stati uno strumento che mi ha aiutato a sopravvivere in questo tempo. Questi occhi mi hanno permesso di vedere più chiaramente i miei bisogni spirituali.

Dio sta trasformando una grande difficoltà come questa in una grandissima opportunità per me. Ho riscoperto la possibilità di fare della mia casa un luogo di culto e di preghiera, più di quanto non facessi prima. Pur lavorando molto più di prima, mi sono ritrovata spessissimo a casa a pregare, non contava la stanchezza che avessi addosso. Per me questa è diventata una necessità oltre che un’abitudine! La preghiera è diventata la mia ancora con mio piacevole stupore. Nella preghiera trovo forze nuove che vengono dal Signore, tante da riuscire a vedere dei lati positivi in tutta questa situazione paradossale.

  • Come ti ha aiutato il Signore nello svolgimento della tua professione?

Nella prima fase della Pandemia, come professionista, avevo la sensazione di non avere il controllo di ciò che stava succedendo intorno a noi. Non avevamo certezze, neppure dalla comunità scientifica. Questo era destabilizzante! Terapie, modalità e tecniche di isolamento, linee guida per la presa in carico della malattia, tutto cambiava con una rapidità incredibile! In un mondo in così rapida evoluzione sapere che il Signore è lo stesso oggi come ieri mi ha infuso serenità. Dio mi ha inoltre aiutato facendomi scoprire di avere una grande capacità di adattamento che non credevo di avere. Mi ha regalato la capacità di godere delle piccolezze della vita come una passeggiata o una bella giornata di sole. Ho inaspettatamente vissuto molti giorni in cui mi sono recata al lavoro con gioia, un sentimento sicuramente controtendenza in una situazione come questa, ma che riconosco venire da Dio. Da questa gioia è scaturita la voglia e il desiderio di condividere la mia Speranza con chi una speranza non ce l’ha, la Luce che splende in me con chi vive nel buio.

 

Dott.ssa Patrizia Greco, Medico Cardiologo. Istituto Tumori-Milano.

  • Cosa hanno visto i tuoi occhi durante questi mesi di Pandemia?

Durante questi mesi ho visto come un virus invisibile agli occhi umani ha spogliato gli uomini di scienza dalle proprie convinzioni e abitudini. Noi medici siamo costretti a vestirci con camici monouso, a portare mascherine FFP2 soffocanti, guanti, visiere per almeno 8 lunghe ore e ad osservare una serie di procedure. Il mio istituto è diventato un centro di riferimento per i malati oncologici non affetti da Covid19. Ma nonostante tutte le misure adottate, il contagio tra i pazienti e medici è stato inevitabile. Crescono i posti letto dedicati ai pazienti affetti da Covid19 e cresce l’impiego del personale dedicato, mentre si riduce la possibilità di cura per tutti i pazienti in condizioni non critiche.

  • Come ti ha aiutato il Signore nello svolgimento della tua professione?

Devo ammetterlo, se non avessi avuto Dio nella mia vita, credo che l’ansia e la paura mi avrebbero vinto. Non bastano le protezioni esterne o i protocolli da seguire a difendere chi lavora in ospedale da questo virus. Sono troppi i sanitari infetti nonostante le precauzioni adottate. In mezzo a questo scenario tetro, l’unica certezza che ho è il Signore. Ogni giorno chiedo a Dio la Sua protezione e quando la preoccupazione mi assale, mi ricordo la Sua parola e la dichiaro nella mia vita.

 

Antonio Di Benedetto, Tecnico Necroscopista. Ospedale Maggiore di Parma

  • Cosa hanno visto i tuoi occhi durante questi mesi di Pandemia?

Non dimenticherò mai quello che i miei occhi hanno visto in marzo 2020! Io lavoro in necroscopia e uno dei miei compiti e prelevare le salme dai vari reparti di degenza per portarli in camera mortuaria. Nel giro di due giorni ci trovammo tutto lo spazio a noi riservato pieno di cadaveri, ne morivano così tanti al giorno che cominciammo ad occupare tutto il pavimento, le barelle non riuscivano a contenere i morti, dopo due giorni lo spazio per poggiare i cadaveri era finito (circa400 mq). Allora cominciammo a sistemarli all’esterno in dei container refrigerati mobili. Due di questi mezzi (di circa 100 mq l’uno) erano parcheggiati davanti il dipartimento di Anatomia Patologica e anche questi furono riempiti. Per quasi due mesi raccoglievamo quasi 45 salme ogni giorno, le sistemavamo in quei sacchi neri dove vengono ancora oggi chiuse per il timore del contagio e scrivevamo su nastro adesivo con un pennarello il loro nome. I parenti non avevano modo di poter vedere i propri cari. Molti entravano in ospedale pensando di tornare presto a casa, ma la realtà che era posta loro dinanzi era la morte. Credo di essere stato nella fossa dei leoni ed il SIGNORE ha turato la loro bocca.

  • Come ti ha aiutato il Signore nello svolgimento della tua professione?

Dopo due o tre giorni, ho cominciato ad avere dei cedimenti, compresi subito che avrei dovuto pregare più intensamente, avevo paura di contagiarmi e a mia volta di contagiare la mia famiglia. Eppure mi successe qualcosa di meraviglioso, mentre andavo a lavoro pregavo per tutto il tempo e durante tutte le 12 ore di lavoro una pace mi possedeva a tal punto da non farmi realizzare la condizione lavorativa. La Parola che mi sostenne per tutto il periodo il Signore me la rivelò prendendola dal Salmo 121. Tutto il Salmo mi sostenne, ma i versetti 1 e 2 sono stati fondamentali. Ero certo che il Signore mi stesse sostenendo con quei versetti. “Alzo gli occhi verso i monti… Da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra”. Si, quell’aiuto mi ha permesso di superare ogni difficoltà.

 

Manuel Repetti, Infermiere. Ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza 

  • Cosa hanno visto i tuoi occhi durante questi mesi di Pandemia?

I miei occhi durante la pandemia hanno visto il dover affrontare una malattia di cui non sapevamo tanto, peggioramenti improvvisi del quadro clinico, spesso dei decessi. Io e i miei colleghi spesso ci sentivamo impotenti e a volte non sapevamo che fare. Ma la cosa peggiore che il Covid ha portato è stata la solitudine per i pazienti. Isolati in una stanza vedevano unicamente noi, coperti da delle tute bianche, con delle visiere in fronte, che gli portavamo delle pastiglie, prendevamo loro i parametri e monitoravamo la loro saturimetria con la speranza che il loro respiro non peggiorasse. Molti di loro dagli allarmi dei macchinari percepivano che c’era qualcosa che non andava ed avevano paura. Ho visto molti anziani non riuscire a contattare i propri familiari, non sapendo usare bene i telefoni. Quando possibile li aiutavamo noi, ma non ne avevamo sempre il tempo. Mantenere la calma non è stato facile.

  • Come ti ha aiutato il Signore nello svolgimento della tua professione?

Il Signore mi ha fatto vedere quanto posso essere fragile e che senza di lui non posso fare nulla. Avevo alcune certezze che col Covid si sono frantumate. Dio è stato capace di tirare fuori qualcosa di buono da me. Quando leggevo e pregavo riuscivo ad affrontare bene la mia giornata, ero calmo, gentile, resistevo a diverse tentazioni. Col Signore si resiste, si vince, si trionfa sul male. Il Signore è amore. Ho gustato quello che Paolo scrive a riguardo della bontà di Dio che ti spinge al ravvedimento. Realizzarlo è stato semplicemente meraviglioso! Questa malattia ha portato solitudine e disperazione. Ringrazio Dio di avere Gesù nella mia vita perché io queste cose non le ho mai provate. Certo, anche io ho dovuto separarmi dai miei cari per proteggerli, ma avevo la certezza che Gesù era sempre con me e non mi abbandonava, che mi amava. Nonostante questa malattia abbia reso noto quanto l’essere umano sia vulnerabile, ciò che per me è spunto di riflessione è che Gesù è risorto dopo aver sconfitto la morte ed il peccato sulla croce. Voglio dare onore e gloria al Signore perché Lui è la mia vita, fa parte di me. Gesù disse: “Io sono la via, la verità e la vita”.